L’export riparte da digitale e innovazione

Cina, Russia, Canada, Medio Oriente, Sud America. Sono le principali mete su cui devono puntare le imprese italiane secondo il presidente dell’ICE, Agenzia per per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, Carlo Ferro, che ha tratteggiato i paesi e i settori che potrebbero fare da traino per il made in Italy.

Come ha impattato l’attuale emergenza sanitaria sul processo di internazionalizzazione delle imprese italiane?
Il Sistema si è mosso, l’Export del Paese è già ripartito. E dai dati arrivano segnali che fanno ben sperare. Innanzitutto, in Italia, nel confronto con gli altri Paesi, il contributo dell’export al Pil è stato meno sfavorevole rispetto alle altre componenti. Fra i Paesi del G8 l’Italia è seconda per minor flessione dell’export e ha performato molto meglio anche di Francia, Regno Unito e Stati Uniti. In secondo luogo, il calo delle esportazioni nel 2020 (-9,7%) riflette la ripartenza dell’export già nella seconda parte dell’anno, con crescite congiunturali del 30% nel terzo trimestre e ancora un +3.3% nel quarto. Anche il 2021 inizia con un segno positivo. Terzo, dobbiamo guardare il bicchiere mezzo pieno: nel dato medio negativo del 2020 si trovano molte eccellenze settoriali che hanno registrato performance positive su determinati mercati, spesso a doppia cifra, indice della capacità delle nostre filiere di resistere agli shock inaspettati. Come ICE vogliamo assistere le imprese, particolarmente le pmi, nella ripartenza dei mercati esteri e lo facciamo, nelle direttrici del Patto per l’Export, attraverso un piano di 14 nuove iniziative con un forte focus su digitale e innovazione.

Quali mercati ritiene, attualmente e in prospettiva, maggiormente in crescita?
Le nostre imprese possono cogliere innanzitutto i “low hanging fruits” in mercati più maturi e familiari come USA, UK, Svizzera e UE. Inoltre, grandi opportunità sono offerte da Cina, Russia, Canada e dall’area Asean, dal Medio-oriente, da alcuni Paesi sud-americani, e da altri dell’Africa sub-sahariana e, infine, da alcuni Paesi euroasiatici. Guardando poi a oriente, 15 Paesi hanno dato vita, con l’accordo RCEP firmato a novembre 2020, all’area di libero scambio più grande al mondo per popolazione e peso sul Pil e il commercio mondiale. Le linee di indirizzo della Cabina di regia per l’Internazionalizzazione, nel definire le priorità Paese, guardano a questo scenario in un’ottica combinata di rapidità della ripartenza e riposizionamento nei mercati a più rapida crescita.

In quali settori vede più in crescita il made in Italy?
La pandemia, secondo quanto emerge dal Rapporto ICE-Prometeia sul commercio estero, ha avuto un effetto asincrono sulla domanda nei diversi settori. Conseguentemente, il Made in Italy ha sofferto un calo globale a doppia cifra dell’export per alcuni settori rilevanti per il nostro Paese come la Meccanica, il Sistema Moda e l’Arredo. Altri hanno performato meglio e la filiera agro-alimentare e chimico-farmaceutico registrato addirittura una crescita dell’export anno su anno.

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